22 maggio 2011

Il soldato Conte scende in trincea

La Juventus sembra aver deciso. Il carattere, la grinta, la determinazione e la voglia di Antonio Conte, saranno queste a guidare la squadra bianconera nella prossima stagione, che si appresta ad essere la quarta consecutiva con una guida tecnica differente. Prima toccò al Ranieri-bis poi il subentrante Ferrara, di seguito il già dimenticato e dimenticabile Delneri, con in mezzo l'interregno di Alberto Zaccheroni poi emigrato nel Sol Levante in cerca di fortune. Si può dire che negli ultimi anni si stia creando una sorta di maledizione attorno alla panchina bianconera, difatti i sopracitati mister hanno ben poco in comune come caratteristiche ma possono condividere l'aver fallito alla guida della Vecchia Signora, un primato non certo invidiabile ma che deve far pensare. Differenti, come abbiamo detto, lo sono di certo ma ciò non ha impedito problemi e denti avvelenati nel dopo-Juve a Ranieri, Ferrara, Zac e in qualche modo già si fa sentire l'influsso su Delneri. Claudio Ranieri sembrava rinato nella "sua" Roma, uno scudetto conteso fino all'ultimo all'Inter pigliatutto di Mourinho e una nuova stagione da idolo indiscusso, eppure l'incantesimo si è spezzato, contestato anche dai tifosi e dai giocatori giallorossi la fine del rapporto è arrivata come nella precedente avventura bianconera, con un esonero senza diritto di replica. E lo stesso Ranieri aveva promesso di togliersi qualche sassolino dalla scarpa nei confronti del mondo bianconero, tuttora una promessa non mantenuta, un po' come il Ferrara-pensiero che scaricava in parte le colpe del suo fallimento su Alex Del Piero, reo di voler giocare sempre e comunque e protagonista del dualismo con l'acquisto milionario Diego al centro del progetto tattico del tecnico napoletano, poi fallito in seguito al decadimento dello stesso brasiliano. Insomma non un comportamento felice da parte di un ex-giocatore come Ferrara che oltre a Del Piero ha attaccato anche Felipe Melo (altro oggetto del mistero in casa Juve), diciamo che se è vero che le colpe non potevano essere tutte sue, si è però rivelato inelegante attaccare direttamente i giocatori. Ma d'altronde il "non è tutta colpa mia" e il "vediamo se il problema ero io" si è un po' rivelato il leit-motiv dei partenti in casa Juve, da Camoranesi ad Amauri ai già citati tecnici si è rivelata una situazione apparentemente poco felice nell'ambiente juventino, se è vero che anche il partente Gigi Delneri ha già dimostrato di aver una sorta di dente avvelenato, rivendicando solo i propri meriti e nessun rimorso nei confronti della sua breve avventura bianconera. L'immagine che ne viene fuori è certamente quella di un ambiente che negli ultimi anni tra le esasperazioni dei tifosi, i momenti difficili molto frequenti e i tanti, troppi, errori sul mercato, si sia fatto davvero pesante e a tratti ingestibile per i molti tecnici che si sono succeduti. La realtà è che all'interno della dirigenza juventina, anch'essa non esente da numerosi ribaltoni, si è forse creduto che una volta tornati in A, con un terzo e un secondo posto si fosse messo alle spalle il momento più buio, la parte più difficile del ritorno alla vecchia gloria, invece il lavoro maggiore spettava a questo punto all'inesperta dirigenza, confermare ai vertici una Juve che sembrava tornata in A senza pagare l'onda lunga dello scandalo Calciopoli. Paradossalmente la Juve ha sofferto più in queste ultime due stagioni che nelle due seguenti l'anno di B, complice sicuramente un mancato rafforzamento e ringiovanimento della rosa e una serie di scelte sbagliate in panchina e nella veste dirigenziale. La Juve non ha resistito ai troppi errori e problemi che le si sono parati di fronte: l'involuzione paurosa di Amauri, il crescente problema degli infortuni, il sopravanzare dell'età per i trascinatori dell'era precedente, il mancato apporto dei nuovi acquisti e l'inesperienza del tecnico (Ferrara prima e Delneri poi, comunque inesperto a grandi livelli). Per non parlare del "caso" tifoseria, una tifoseria scossa dalla retrocessione e abituata bene tutto sommato dall'era Ranieri che ha portato una buona classifica e risultati accettabili anche in Europa, di qui si aspettava già lo scudetto e chissà cosa, caricando di pressioni un tecnico giovane come Ferrara e uno di fascia minore come Delneri e tutta una serie di giocatori inadatti ad una squadra che punta in alto. Sulla falsariga delle ultime stagioni ecco quindi una nuova rivoluzione in casa Juve, anche se probabilmente questa sarà più contenuta in fase di mercato rispetto all'ultima che ha visto Marotta a capo di una ristrutturazione totale della rosa a disposizione del tecnico, una rosa costruita con e per Delneri e il suo fidato 4-4-2 che tuttavia presentava lacune paurose, su tutte la scelta degli esterni, cruciali per il gioco delneriano, Krasic e Pepe a parte, le alternative erano Martinez (una seconda punta) e Lanzafame (ancora troppo acerbo e perlopiù scaricato a Gennaio senza essere sostituito). Ecco perchè, complice l'infortunio di Quagliarella, è venuto meno il gioco che aveva in mente Delneri, difatti il gioco sulle fasce di Delneri ha cominciato a latitare insieme al calo di forma di Krasic che era stato l'uomo in più nella prima fase della stagione, fase che comunque vedeva la Juve balbettare quando gli esterni erano quelli di riserva, a riprova che la scelta era caduta sugli uomini sbagliati. Quasi scontato il fallimenti della squadra, che eppure avrebbe potuto puntare alla Champions ma che è crollata nervosamente nel punto chiave della stagione, probabilmente non supportata a dovere dal tecnico, finendo probabilmente per il secondo anno consecutivo al settimo posto che non varrà nemmeno l'Europa League snobbata nella stagione attuale. Decisa la scelta del rampollo Agnelli di silurare Delneri per puntare quasi sicuramente su Conte. L'ex capitano juventino vanta due esperienze significative in serie B, alla guida di Bari e Siena, terminate entrambe con la promozione diretta in A e due dimenticabili alla guida di Arezzo e Atalanta, la prima terminata con la retrocessione in C1 la seconda con le dimissioni. Il trait d'union tra la Juve di Delneri e quella di Conte sarà il modulo, scelta che consente alla dirigenza bianconera di non dover mischiare di nuovo troppo le carte per consegnare una squadra a misura d'allenatore. La differenza, è quello che si augurano gli juventini, dovrà esserci nella grinta e nel carattere della squadra che dovrà essere trasmessa dall'allenatore e che Conte sembra in grado di garantire, forte anche della simpatia dei tifosi ma ben conscio di quanto quest'ultima sia sfuggevole e pronto ad abbandonarlo in caso i risultati non lo seguissero. Nel mondo juventino così difficile e problematico degli ultimi anni tanto da sembrare un costante campo da battaglia è pronto a scendere il soldato Antonio Conte, intenzionato a dimostrare di essere l'uomo giusto al momento giusto.

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