25 giugno 2011
Scelta tattica? No grazie
Gian Piero Gasperini è il nuovo allenatore dell'Inter, è il trionfo della classe di allenatori legati ad un solo e unico modulo, caratteristica che molto spesso ne fa un limite più che una forza, degli allenatori alla "o si gioca così o niente", la classe dei Delneri, Mazzarri, Zaccheroni e, appunto, Gasperini. Il cui modulo con la difesa a tre non sembra sembrare un problema in casa nerazzurra, se mai abbiano preso in considerazione il lato tattico nella scelta del nuovo allenatore. Perchè è questo il grandissimo limiti di questi allenatori, Delneri che è affondato alla Juve con il suo 4-4-2 scolpito nel cemento ne è l'esempio più recente, Mazzarri e Gasperini in Champions rispettivamente con Napoli e Inter e la difesa a tre ne saranno la conferma. In Europa non si va avanti con una difesa ed un modulo concepito a questo modo, lo dimostrano i fatti e lo dimostrano le squadre vincenti delle ultime stagioni, non una presenta la difesa a tre. Un modulo che presenta una difesa schierata in quel modo, sia esso nella variante di Mazzarri con un centrocampo a cinque, o in quella targata Gasperini con un tridente offensivo, è troppo rischioso e poco adatto al grande calcio. Proprio per questo motivo Mazzarri è ancora a Napoli anzichè essere volato verso altri lidi come avrebbe desiderato, un grosso limite caratterizzato da questa fissazione con un modulo ormai antico e in disuso, peraltro poco adattabile ad una squadra di alto livello. La scelta di Gasperini è l'ulteriore dimostrazione di quanto poco si pensi al lato calcistico delle cose in casa Inter, nulla da obiettare sulle qualità dell'ex tecnico del Genoa ma se lo vai ad ingaggiare sai già come ti farà giocare la squadra e devi capire se quel modo si adatti o meno alle esigenze della stessa. Cosa che nè Moratti nè Branca sembrano aver preso in considerazione, dopo aver ricevuto numerosi no da svariati tecnici italiani ed esteri, hanno deciso di virare su Gasperini, preferendolo anche ad un più consono Delio Rossi che avrebbe meritato al pari del tecnico piemontese il salto in una big. L'errore che pagano di continuo i vertici interisti, la scelta di uomini senza usare un criterio ma seguendo il richiamo del cuore, da qui anche la decisione di Moratti di puntare ancora forte sulla vecchia guardia ormai agli sgoccioli e improntato ad un evidentemente serio ridimensionamento in vista del fair play finanziario, fino a che non deciderà in ogni caso di spendere milioni su milioni se la squadra a metà stagione sarà in difficoltà. La notizia buona è che dopo l'epica era Mourinho e quella dimenticabile Benitez-Leonardo, l'Inter torna ad un tecnico italiano, con Gasperini che potrà dimostrare di valere una grande squadra dopo aver lavorato benissimo a livello giovanile nella Juventus e ancora meglio alla guida del Genoa, rivelazione vera e propria delle ultime stagioni, prima in B e poi in serie A. Starà a lui scegliere se puntare su un modulo non da alti livelli o fare il passo successivo e adattarsi al grande calcio scegliendo uno schieramento più consono agli uomini a disposizione, dimostrando una crescita calcistica e tattica non indifferente. Il livello del campionato italiano è peraltro talmente basso che già al momento l'Inter può benissimo puntare allo scudetto e all'obiettivo minimo del secondo posto, discorso diverso sarà in Europa dove l'Italia la prossima stagione rischia di soffrire ancora di più il gap accumulato verso i club inglese ed europei in generale, a partire proprio da quel modulo poco convincente e da una rosa che sembra poco adatta a metterlo in pratica.
22 giugno 2011
Determinato a vincere
Sulle orme di Mourinho, se l'intenzione di Andrè Villas-Boas era quella di mettersi alle spalle i paragoni e i paralleli con il tecnico del Real Madrid di certo non aiuterà la scelta di andare a sedersi sulla panchina che ha fatto grande lo Special One in Inghilterra. Ebbene sì, la famosa clausola di 15 milioni è stata pagata da Roman Abramovich, troppo desideroso di affidare la sua creatura in maglia blu nelle mani del giovane tecnico lusitano. 33 anni, di cui sette passati di fianco a Mourinho come suo assistente tattico e due stagioni da allenatore alla guida di Académica prima e Porto poi. Una carriera da predestinato ma in cui niente gli è stato regalato e tutto se lo è guadagnato col sudore sul campo e con lo studio degli avversari, prima per conto proprio di Mourinho poi per preparare al meglio le sfide della sua squadra. Un carattere forte e deciso, che gli ha permesso di impressionare già alla primissima esperienza da allenatore in prima, due stagioni fa alla guida dell'Académica ultimo in classifica dopo sette giornate e trascinato ad una grandiosa salvezza. Impresa che gli è valsa subito la chiamata del Porto, classificatosi terzo a ben otto lunghezze dal Benfica campione. Tale è la svolta impressa in positivo da Villas-Boas che con un solo acquisto di rilievo il Porto sotto la sua guida nella stagione successiva (quella appena conclusasi) si classifica primo con ventuno (!) punti in più rispetto al Benfica secondo classificato. Un allenatore giovane e con idee di gioco fatte di pressing alto che porta all'errore gli avversari, un 4-3-3 classico nel Porto ma che viene messo in atto con estrema attenzione e con due terzini spesso molto alti di modo che possano dare supporto costante all'offensiva della squadra, un medianaccio come Fernando capace di essere l'uomo in più in difesa e quello di rottura all'occorrenza in attacco, il tutto completato da due ali d'attacco facilmente interscambiabili e un rapace d'area come Falcao. Un Porto spettacolare che ha vinto anche in Europa League e in Coppa di Portogallo, segnando a raffica e arrivando spesso a quota cinque gol con impressionante regolarità. Una stagione portoghese dominata dai Dragoes e una stagione di Europa League dominata dal calcio portoghese che ha presentato tre semifinaliste su quattro e ha premiato quella con il miglior gioco, il Porto ovviamente, seppur in una finale bruttina contro il Braga. Villas-Boas aveva giurato di rimanere al Porto anche nella prossima stagione, per giocarsi la Champions League e tentare di seguire le orme di Mourinho, anche lui campione prima nell'Europa minore e poi anche in Champions la stagione seguente. Ma alla fine ha ceduto alle tentazioni della Premier League, cui aveva già dato appuntamento nel 2012 e sembrava potesse accasarsi al Liverpool, tornando così allo Stamford Bridge in cui già aveva lavorato insieme a Mourinho, questa volta pretendendo però la scena principale. A nulla erano valse le intenzioni delle squadre italiane di portarlo in Serie A, lui stesso aveva detto che il calcio italiano non era pronto per un modo di allenare e di far giocare la squadra come il suo, chiudendo così i cancelli ad un suo approdo nel Bel Paese. Ha creduto nel progetto di Abramovich, magari tentato dallo stipendio (cinque milioni a stagione, per tre anni) e dal budget faraonico messo a disposizione per il mercato (più di 100 milioni) che gli da la possibilità di costruire la squadra a sua immagine e somiglianza, magari cominciando proprio da qualche suo pupillo del Porto (si fanno i nomi di Hulk, Falcao e Fernando) così come prima di lui Mou aveva portato con sè il fido Carvalho. Come abbiamo visto sono tanti i punti di paragone tra Mourinho e Villas-Boas, prontamente soprannominato lo Special Two, ma è pur vero che i due sono allenatori simili solo ad un'analisi disattenta e frettolosa. Innanzitutto è bene ricordare come Mourinho sia sempre stato un allenatore attentissimo alla fase difensiva e seppure il modulo adottato dai due è lo stesso, Villas-Boas predilige una squadra più compatta verso l'attacco, come già detto impiegando spesso i due terzini come ali aggiunte. Questo non sta a significare che le squadre di Villas-Boas siano una tragedia in difesa anzi, i numeri testimoniano come spesso resti imbattuta, ma la differenza principale con le squadre di Mourinho è che quest'ultime segnano molto meno rispetto a quelle del suo allievo, che come abbiamo già detto in precedenza non raramente hanno concluso le gare di questa stagione con risultati da goleada. Quasi a voler allontanare paragoni scomodi, lo stesso AVB dopo la vittoria in Europa League ha indicato come suo modello Guardiola e non Mourinho, ritenuto comunque un grande maestro, di conseguenza la scelta di andare al Chelsea che ha fatto ritornare la sovrapposizione tra le due figure. Una scelta, ancora una volta, di grandissimo carattere da parte di Villas-Boas che saprà benissimo di dover fare i conti con il fantasma di Mourinho che da quelle parti è quasi un Dio, dopo aver portato alla gloria il Chelsea. Di contro avrà benissimo la possibilità di raggiungere la chimera di Abramovich, ovvero la Champions League, mai conquistata sotto il controllo di Mourinho nè dai suoi successori. Una corsa che Villas-Boas potrà fare senza limitazioni dovute agli uomini, libero come sarà al Chelsea di formare una squadra ad hoc disponendo di un budget elevato, particolare che difficilmente lo avrebbe portato in Italia. Le prime mosse sarebbero quelle di svecchiare la rosa, facendo partire giocatori in ombra come Anelka e pezzi in grossi in declino come Drogba che pare volersi allontanare da Londra, magari per rimpiazzarlo proprio con Falcao o con un pallino di Villas-Boas come Eto'o. Con l'obiettivo principale, come si intuisce dalle prime parole espresse da allenatore del Chelsea, di voler creare un gruppo unito in cui l'obiettivo comune sia vincere, a partire dai tifosi e continuando con i giocatori, per continuare la sua carriera da vincente e dimostrare ancora una volta al pubblico un po' distratto che Andrè Villas-Boas è molto di più che lo Special Two di Josè Mourinho.
21 giugno 2011
La clausola Villas-Boas
E' diventata famosa nelle ultime settimane la clausola di 15 milioni di euro che il Porto ha fissato sul suo allenatore Villas-Boas, cifra che chiunque fosse interessato a prendere l'allenatore portoghese deve versare al club. Una sorta di attestato di fiducia verso il proprio tecnico, messo alla pari dei tanti campioni della squadra campione di Portogallo e in Europa League, per il quale se si vogliono acquistare i servigi bisogna pagare la società. Da un lato è anche giusto, in fondo il tecnico è legato alla squadra da un contratto, dall'altra potrebbe essere la nuova frontiera per le squadre con pezzi pregiati in panchina di fare cassa così come accade ovviamente con i giocatori più talentuosi desiderosi di volare verso lidi più pregiati e più retribuiti. In principio fu la Juventus, fortemente interessata al nuovo fenomeno portoghese della panchina per rilanciare l'ennesimo nuovo corso, poi flebilmente la Roma e negli ultimi giorni l'intenzione dell'Inter. Tutte e tre le squadre italiane si sono arenate nello scoglio della clausola, indicandola spesso e volentieri come immorale, ma probabilmente era una scusa per nascondere le volontà del tecnico di non approdare in Italia, paese calcistico che lui stesso ha definito non pronto per un calcio come il suo. In realtà Villas-Boas ha un futuro in Premier League, e che questo futuro inizi dalla prossima stagione sembra ormai scontato, la novità dell'ultima ora è che potrebbe anticipare l'approdo in Inghilterra di un anno, secondo le indiscrezioni infatti l'ex tattico di Mourinho sarebbe deciso a legarsi al Chelsea, ricalcando le orme di Mourinho stesso. Naturale che Abramovich a differenza dei club italiani non avrebbe problemi a pagare qualsiasi tipo di clausola, oltretutto desideroso di vincere la Champions League a tutti i costi, e in più come sappiamo sarebbe forte del desiderio dello stesso allenatore di andare in Premier, nonostante più volte abbia confermato la sua presenza ad Oporto anche nella prossima stagione. Voci di mercato che infatti stanno facendo andare su tutte le furie i tifosi portoghesi, ormai convinti che avrebbero avuto al loro comando Villas Boas anche per la prossima stagione, che avrebbe portato anche all'affascinante sfida contro il Barcellona per la Supercoppa Europea. Non è difficile capire comunque il perchè anche Villas-Boas abbia snobbato il nostro calcio, innanzitutto il portoghese pratica un gioco fatto di pressing alto e costante, con terzini veloci e offensivi, almeno un centrocampista dai piedi buoni e due ali d'attacco intercambiabili, in poche parole necessita di uomini particolari per mettere al meglio in atto il proprio gioco, cosa che comporta un attività non indifferente sul mercato per rendere la squadra adatta alle proprie necessità nel qual caso la rosa attuale non fosse a dovere, particolare rilevante per le squadre italiane, in là con gli anni e con pochi giocatori adatti al gioco di Villas-Boas, siano esse Roma, Juve o Inter. E per delle squadre che faticano a trovare 15 milioni per liberare il tecnico dal Porto figurarsi investire come minimo il doppio, se non di più, sul mercato. E così si è preferito, come solito degli italiani, giocare ad una sorta di volpe con l'uva, disprezzando la clausola imposta dal Porto e adducendone tutti i problemi sorti nella ricerca del tecnico lusitano. In fondo si paga sempre, e anche cifre importanti, per acquistare un giocatore, non vedo perchè non dovrebbe essere lo stesso per un allenatore, specialmente se di talento come ha dimostrato Villas-Boas, dato che le fortune (o le sfortune) della squadra partono proprio dalla guida tecnica. Ancora una volta quindi si è cercato di nascondere dietro ai soldi i limiti di un calcio italiano ormai allo sbaraglio, dove i grandi campioni vengono solo a fine carriera per sbarcare il lunario e big del calcio mondiale non si fanno vedere da un pezzo, con la logica e triste conseguenza che in Europa si continuano ad inanellare magre figure da niente.
20 giugno 2011
Il favorito di Moratti
L'Inter all'inizio della stagione scorsa dovette fare i conti con il desiderio di Mourinho di andare a vincere altrove e, già allora, il candidato principale alla panchina nerazzurra sembrava essere nei desideri di Massimo Moratti il ct dell'Inghilterra Fabio Capello. Normale che ora, ritrovatosi di nuovo nella scomoda situazione di scegliere di nuovo un allenatore per la sua Inter, il patron nerazzurro abbia individuato nuovamente in lui il favorito. Peccato che, ora come una stagione fa, il problema sia rappresentato dal contratto che lo lega alla Football Association e alla ferma decisione della federazione inglese di non rinunciare al tecnico italiano. Un anno fa c'era il grande ostacolo rappresentato dal Mondiale Sudafricano che avrebbe dovuto vedere la nazionale di Capello tra i protagonisti e che avrebbe creato seri problemi alla preparazione della squadra interista, infatti il tecnico italiano non voleva assolutamente rinunciare ai Mondiali e aveva dato la sua disponibilità solo dopo la fine della kermesse africana. Forse un po' troppo tardi per dare in mano una squadra ad un tecnico che avrebbe dovuto guidarla alla Supercoppa Europea e alla Supercoppa Italiana già nel mese di Agosto, ma la reale sensazione allora era che Capello avesse voglia di rimanere alla guida dell'Inghilterra salutando l'Inter più con un arrivederci che con un addio. Arrivederci che poteva avere conseguenze proprio in questi giorni ma che è minato dal desiderio del tecnico friulano di vincere o almeno convincere alla guida della nazionale dei Tre Leoni, cosa che fino ad ora non gli è riuscita bene, non volendo catalogare l'esperienza come fallimentare. Che fosse lui il favorito di Moratti era piuttosto palese, bastava appunto ritornare allo scorso anno quando Benitez fu di fatto una seconda scelta, copione che potrebbe ripetersi di nuovo per i dirigenti nerazzurri dato che, di nuovo, la F.A. non concederà il via libera a Capello, o perlomeno non lo farà facilmente come sperano i tifosi interisti. La sensazione è che la trattativa non si possa dare ancora per chiusa e che Branca e il resto dello staff dell'Inter si darà da fare il più possibile per consegnare la squadra all'ex tecnico di Milan, Roma e Juventus per non incorrere nell'errore dell'anno scorso di affidare la panchina ad un tecnico considerato di seconda battuta. Concentrando gli sforzi su Capello si andrà incontro ad una decisione entro la prossima settimana, per non arrivare troppo in là senza una guida tecnica, in caso i dirigenti dell'Inter dovesse ricevere un nuovo "no" anche da questa pista, dopo aver visto svanite le possibilità di arrivare a Bielsa e Villas Boas, si virerebbe quasi certamente su alcuni nomi italiani, in testa Delio Rossi e Spalletti anche se quest'ultimo non ha un modulo particolarmente adattabile alla rosa dell'Inter, dettaglio che però pare interessare poco il presidente nerazzuro, desideroso come sempre di scegliere l'allenatore in base al nome.
19 giugno 2011
Il mercato delle smentite
Queste prime settimane di pre-calciomercato, in attesa dell'apertura ufficiale del primo Luglio, sono state caratterizzate da un nuovo fenomeno, le smentite o meglio le non-smentite da parte delle società, richieste da calciatori e tifosi. Spieghiamoci meglio: se l'estate scorsa, partendo dal mercato juventino, si profilò una nuova tendenza ovvero i prestiti con obbligo di riscatto o presunto tale dato che infatti la proprietà juventina non ha di fatto l'obbligo di acquistare nessuno dei (tanti) giocatori presi in prestito, questa nuova stagione sembra portare in serbo, sempre partendo dalla causa juventina, un nuovo malumore dei "poveri" calciatori miliardari, permalosi nel sentirsi accostare ad altre squadre, e da parte dei tifosi negativi, sempre pronti a scagliarsi contro società che non vanno incontro ai loro gusti. Portiamo degli esempi pratici, il caso Felipe Melo, sempre più abile con le parole tramite i giornali che in mezzo al campo, che dopo aver sentito accostato il suo nome a varie trattative di mercato si lamenta del fatto che la società bianconera non abbia smentito queste voci sul suo conto, lamentando così uno scarsa protezione da parte della sua squadra. Idem per il caso Marchisio, accostato da fantasiose voci di mercato alla Roma e su cui stanno già speculando alcuni tifosi ingenui, che si lamentano però della mancanza da parte della dirigenza di una smentita sul centrocampista bianconero e le voci di mercato che lo riguardano. Tutto ciò appare molto ridicolo, è infatti impensabile che le società debbano continuamente smentire o confermare tutte le voci di mercato che rimbalzano su giornali e media vari, spesso prive di alcun fondamento e create ad hoc solo per vendere qualche copia in più, fenomeno che va avanti così da anni e non sembra che nelle stagioni passate regolarmente i dirigenti smentissero o meno le trattative con i giornali davanti, tutto ciò sarebbe alquanto ridicolo e fuori luogo, si lasci che ognuno faccia il proprio lavoro. Così come è molto strano che giocatori come Felipe Melo si lamentino regolarmente sulle colonne di giornali brasiliani o della nazione di turno del giocatore, lamentando addirittura poco rispetto da parte della società. Insomma, personalmente finchè riceve un regolare stipendio non credo proprio che un calciatore si possa sentire non rispettato per una sciocchezza simile, specie se nel caso di Melo abbia alternato buone prestazioni a molte particolarmente dimenticabili, ma in quel caso non mi sembra che la società abbia lamentato poco rispetto da parte del giocatore. Già il calciomercato è sinonimo di sciocchezze spifferate da giornali e procuratori in cerca di gloria e soldi, se ora ci si mettono anche i giocatori con richieste talmente ridicole è meglio che arrivi presto la fine dell'Estate e si tornino a sentire le banalità caratteristiche relative alle partite di campionato.
15 giugno 2011
Leonardo e il futuro alle porte
Appena due anni fa Leonardo accettava, quasi con riluttanza, di allenare il Milan convinto finalmente dalle pressioni, in particolare, di Galliani. Dopo una buona stagione di esordio, in cui spiccavano in particolare le doti di rivalorizzazione di alcuni giocatori, Ronaldinho su tutti, dove ha ottenuto il massimo da una rosa particolarmente stremata. Lasciato il mondo rossonero per le incomprensioni con il presidente Berlusconi ha girato il mondo per ampliare le sue già vastissime conoscenze calcistiche, per poi tornare a Milano, sponda nerazzurra questa volta. Il "tradimento" nei confronti dei colori rossoneri lo portano a sostituire Rafa Benitez sulla panchina dei campioni d'Europa in carica. Leonardo ha il pregio iniziale di non essere Benitez e di far scattare la voglia di rivalsa nei giocatori, aiutato anche da Moratti sul mercato con gli innesti di Pazzini e Ranocchia su tutti, valorizzando anche Cambiasso e riuscendo nell'impresa di andare a contendere lo scudetto al Milan fino al derby malamente perso. Per lui Champions sfortunata che si chiude ai quarti contro un modesto Schalke 04, dopo aver eliminato il Bayern, a fine stagione la consolazione del primo titolo da allenatore, la coppa Italia vinta in finale contro il Palermo. E ora la nuova rivoluzione, dopo tante parole decise verso un suo futuro nell'Inter e la ferrea convinzione di sentirsi un allenatore ecco che, probabilmente, cede alla tentazione di assumere un incarico dirigenziale nel PSG che sembra lo vedrà protagonista in fase di mercato dove dovrà disporre dei soldi della nuova proprietà araba del club francese. Un dietrofront di Leonardo che dopo aver più volte ribadito la sua intenzione di voler continuare ad essere un allenatore e di non voler tornare sui suoi passi ora fa proprio l'esatto contrario, nuovo sintomo di quella riluttanza a sedersi inizialmente su una panchina. Se Leonardo dovesse accettare si profilerebbe una nuova rivoluzione in casa Inter, con il curioso Bielsa obiettivo di Moratti, ma soprattutto si andrebbe a terminare (o forse chissà solo a sospendere) una carriera di un allenatore promettente come Leonardo, che seppur non aveva mai portato nulla di rivoluzionario in campo lasciava indubbiamente intravedere la capacità e la volontà di migliorare ancora, il tutto costruito sopra la prima coppa vinta alla guida dell'Inter. Forse sarà un peccato perdere un allenatore così, sempre educato ma che forse negli ultimi anni sta pagando questa sua indecisione sul suo futuro, che un giorno sembra vederlo in panchina e un altro dietro una scrivania, di certo le qualità del Leonardo dirigente e scopritore di talenti non si discutono, forse più di quelle del Leonardo allenatore, e di sicuro è nell'interesse di tutto il mondo del calcio non perdere un talento del genere, sperando che si convinca anche lui di cosa vuole fare "da grande".
7 giugno 2011
Dateci un po' di sostanza
Nell'attuale realtà del calcio italiano devastata dal calcioscommesse e non certo migliorata dalle voci di partenza dei big della serie A verso altri lidi, vedi Sanchez vicino al Barcellona e Sneijder tentato dal Chelsea che irrompe sul mercato con un budget monstre messo a disposizione da Abramovich per il nuovo tecnico Hiddink, situazioni che stanno lasciando a bocca asciutta i club italiani, vi è un continuo giro di voci e sussurri e poco o niente di tutto ciò sembra concreto o reale. Guardiamo ad esempio al calcioscommesse, una situazione sicuramente ignobile che però giornalmente tira dentro un nuovo protagonista che possa creare titoli da prima pagina, è stato il caso di Doni, di De Rossi, delle partite di serie A truccate, insomma tutte accuse abbastanza gravi ma di cui al momento non esiste alcuna prova, alcuna intercettazione incriminante, niente insomma che lasci presagire la totale indignazione generale verso certe persone o squadre. Vengono presi di mira infatti giocatori che possano attirare l'attenzione dei media, tenendo bene a mente che un Paoloni non farà mai scalpore quanto un De Rossi, oppure menzionate partite di A dai tanti gol o dai risultati inaspettati, tutte cose prese dentro dal tran-tran mediatico impazzito che necessita di qualcosa da gettare in pasto ai lettori, deluso anche da un calciomercato che ormai perde di credibilità. Emblematico il caso-Juventus, ormai una manna dal cielo per i giornali che vogliono vendere qualche copia in più, basti pensare a come nel giro di qualche giorno si sia passati dall'accostare alla squadra bianconera Aguero, per arrivare a Gilardino passando per Tevez, Neymar, Sanchez e Rossi. Il tutto per accontentare il numeroso popolo juventino, senza però contare che nella maggior parte dei casi queste notizie non avevano riscontro nella realtà. Arrivando in questo modo ad un'informazione per niente reale e per di più senza un minimo di sostanza, basata solamente su accuse farlocche o interessamenti di mercato da fantacalcio o poco più, andando a penalizzare chi cerca un tipo di informazione veritiera che possa realmente far capire cosa stia succedendo ad un calcio italiano che vediamo sempre più in pericolo, sotto tutti i punti di vista.
6 giugno 2011
Campioni montati
Soldi, fama, successo. Troppe volte alcuni calciatori si vedono arrivare queste cose tutte insieme e troppo in fretta, e di conseguenza non riescono a reggere la pressione e finiscono per montarsi la testa, troppe volte spinti dagli entusiasmi della stampa, pronti ad affossarli o ad esaltarli alla minima occasione. E' il caso troppe volte analizzato di Mario Balotelli che in fondo non ha ancora dimostrato nulla, nell'Inter del tris mourinhiano era poco più di un rincalzo e nel nuovo City del mentore Mancini spesso si è ritrovato a ricoprire il ruolo di comparsa. Risultato: in Italia è spesso criticato e a volte odiato, e non certo perchè è nero, mentre anche in Inghilterra hanno perso la pazienza e si chiedono il perchè Mancini insista tanto con lui e gli riponga così tanta fiducia. E' il classico esempio di chi si crede campione affermato quando in realtà ha dimostrato poco o niente, e dire che spesso i suoi allenatori cercano di dargli tutta la fiducia di questo mondo, anche se a volte potrebbero semplicemente fregarsene, è sempre stato così per Mancini, così è stato fino alla goccia che ha fatto traboccare il vaso per Mourinho e così è tuttora col Ct della nazionale Prandelli. Eppure la stellina del City sembra più interessata a far parlare di sè per le esibizioni extra-calcistiche, così la stessa stampa che lo esalta e lo incorona nuovo asso del calcio mondiale appena segna un gol, appena sfora fuori dal campo ne segue le disavventure, siano esse migliaia di sterline di multe accumulate o incursioni con la camorra. Ma putroppo Balotelli è solo la punta di un iceberg che vede numerosi calciatori che si credono campioni perchè trascinati da una stampa bisognosa di titoli, esempio sempre vivo ne è Antonio Cassano, l'altra "testa calda" della nazionale italiana, anche lui gode della fiducia di Prandelli ma lo stesso non si può dire di tanti altri colleghi del tecnico ex-Fiorentina, a partire dall'attuale Max Allegri che nel suo Milan non sembra vederlo, tanto che si vocifera un suo prematuro addio al rossonero, per informazioni sul carattere del talento di Bari vecchia chiedere anche al presidente Garrone, costretto a svenderlo dopo l'ennesimo litigio sfociato in un "vaffa..." all'indirizzo del numero uno della Sampdoria, oppure informatevi sugli antichi rapporti con Delneri e Capello che comunque in un modo o nell'altro sembravano essere riusciti a gestire le escandescenze del numero 99 rossonero. Insomma tutta colpa di Lippi non sarà se a tutti i costi non voleva saperne di portare il fantasista agli ultimi mondiali, visto il risultato la ragione non sarebbe dalla parte del tecnico campione del mondo 2006 ma tutti i torti non può averli se in fondo non se la sentiva di costruire un gruppo con all'interno una variabile tanto distruttiva. Cassano, dicevamo, è un altro caso (così come Balotelli) di talento puro, e fin qui nulla da eccepire, ma che è stato troppo montato dalla stampa e ha finito per condizionarne i comportamenti, tanto da far convincere i due di essere campionissimi affermati che possono permettersi qualsiasi sciocchezza, ricordiamo che sia Balotelli che Cassano hanno però vinto poco o niente e quasi mai da protagonisti. Così come stanno crescendo nuove generazioni di giovani montati che rispondono al nome di Hernandez, Palladino, Criscito e Giovinco. Ad esempio il centravanti del Palermo, dopo essere stato protagonista nel campionato primavera che ha visto vittoriosi i rosanero è approdato in prima squadra e specialmente in questa stagione doveva appropriarsi del posto da titolare lasciato libero da Cavani, peccato che i suoi comportamenti in campo e negli spogliatoi ne abbiano pregiudicato la crescita e l'esplosione a grandi livelli, esempio ne siano alcuni atteggiamenti da sbruffone negli scampoli di gara che a inizio stagione gli ha concesso Delio Rossi. Arriviamo ai tre giovani in rampa di lancio di stampo Juve, sia Giovinco che Palladino e Criscito credevano giustamente di avere la loro occasione di sfondare in maglia bianconera dopo la retrocessione in B, ma tutti e tre dopo aver avuto le lore occasioni in prima squadra sono stati scartati, anche se a dire il vero forse troppo frettolosamente nel caso di Criscito e Giovinco, impiegati spesso fuori ruolo. Denominatore comune di tutti e tre è stato il giurare vendetta alla maglia bianconera, rivendicandone di diritto il posto da titolare, anche se spesso queste richieste non erano seguite da risposte chiare sul campo, a dire la verità infatti hanno sempre espresso poco in maglia juventina e non a caso Palladino che non accettava la panchina a Torino è finito a fare la riserva a Parma, dove invece Giovinco ha trovato continuità giocando in un ruolo a lui consono e subito ha pensato di bene di rivendicare un posto da titolare nella Juventus, dichiarando che non accetterà in futuro (il giocatore è ancora di proprietà della squadra bianconera) un ruolo da comprimario, insomma un po' troppe pretese da un giocatore che ha fatto due buone stagioni a Empoli e a Parma, realtà e dimensioni ben diverse da quelle della Juve, dove comunque non ha incantato in due stagioni con spezzoni di gara qua e là. La sensazione è che la voglia di trovare nuovi campioni da parte della stampa specializzata sia sfociata in una brutta crescita per alcuni giovani calciatori italiani, specchi anche della società odierna che vuole tutto subito senza troppi sforzi, il consiglio da dare a questi ragazzi è di seguire i pochi esempi che ancora al giorno d'oggi il calcio italiano sa dare, senza dare troppo peso ai titoli in prima pagina che lasciano il tempo che trovano, in fondo ne va del bene del futuro del calcio italiano.
2 giugno 2011
Il portiere girovago
Il curioso caso di Marco Storari potrebbe consistere senza problemi in tale definizione: "Tutti lo vogliono, nessuno lo tiene". Sì perchè regolarmente nelle ultime stagioni il portiere è tra i migliori dei suoi ma altrettanto regolarmente è sempre sul mercato, per un motivo o per un altro. Messosi in luce per la prima volta con la maglia dell'Ancona conquistando una promozione in serie B, diventa vero protagonista con la maglia del Messina venendo promosso prima in serie A e poi raggiungendo un eccezionale settimo posto l'anno successivo nella massima serie. Interventi d'istinto, grande senso di sicurezza trasmesso ai compagni e infallibile para-rigori, queste le doti che fanno rivelare Storari al grande calcio, tanto che dopo essere diventato capitano del Messina arriva nel 2007 l'offerta del Milan, occasione che sembra irrinunciabile ma che paradossalmente frena la carriera del portierone, sì perchè al Milan riesce inizialmente a giocare complici gli infortuni dei compagni di reparto ma una volta tornati disponibili le gerarchie lo vedono come terzo portiere. La delusione è tanta e dopo sola mezza stagione tra i rossoneri e pochi minuti giocati, all'inizio della stagione 2007-08 viene mandato in prestito al Levante, il primo dei tanti prestiti che affronterà sotto la proprietà rossonera. La storia in Spagna non cambia, anzi diventa quasi la regola, Marco è come sempre il migliore dei suoi e molto spesso viene indicato come protagonista principale dell'undici in campo, ma il Levante è in grave crisi economica e a metà stagione è già tempo di cambiare di nuovo e quindi ecco il ritorno in Italia al Cagliari. I sardi sono in crisi di risultati ma complice anche l'arrivo di Storari e alcune sue parate determinanti ecco che i rossoblu disputano un girone di ritorno incredibile e riescono a raggiungere l'insperata salvezza. In molti individuano proprio in Storari la chiave di svolta della squadra e ne fanno il nome quando viene chiesto il vero artefice di questo successo. Finito il prestito però torna di proprieta del Milan che lo gira, di nuovo in prestito, questa volta alla Fiorentina dove in una stagione giocherà solamente due partite tra campionato e coppa Italia. Così la stagione seguente è di nuovo in forza ai rossoneri, dove parte titolare e ottiene il rinnovo contrattuale, ma intorno al mese di Ottobre prima subisce un infortunio che lo tiene fuori a lungo e quando torna non riesce a farsi riconsegnare il posto da titolare. A Gennaio si profila un nuovo prestito e così sceglie la Sampdoria che ha necessità di sostituire l'infortunato Castellazzi, mai scelta fu più azzeccata, la Samp si ritrova un portiere in grandissima forma e decisivo nelle partite che più contano mentre Storari si vede in corsa per la qualificazione in Champions League che viene raggiunta grazie anche alle sue tante parate. Finita la bella avventura a Genova arriva puntuale il momento dei saluti per Storari, che si prepara al ritorno al Milan, che di nuovo non durera molto visto l'interessamento della Juventus ora guidata da Marotta e Delneri che lo avevano portato già alla Sampdoria. Acquistato così dalla Juventus ha subito l'occasione di partire titolare complice l'infortunio di Buffon, le sue parate e le sue prestazioni sono tra le poche cose buone da salvare nella stagione juventina, peccato che una volta tornato Buffon per lui ci sia davvero poco spazio, ma anche nelle rare occasioni in cui il portierone della nazionale torna indisponibile Storari si fa trovare prontissimo e sempre in forma. Caratteristiche che vengono apprezzate tanto anche dai tifosi che lo incitano regolarmente allo stadio, finita però la stagione per Storari sembra non esserci futuro in quella squadra che comunque lo aveva comprato a titolo definitivo. Infatti con l'arrivo alla Juve di Conte le sue possibilità sembrano limitate, il nuovo tecnico bianconero sembra intenzionato a puntare forte su Buffon e per Storari vengono cercati nuovi lidi, curioso per colui che è stato per lunghi tratti il migliore dei suoi. Ma in fondo ci sarà abituato dato che è una caratteristica che lo accompagna ormai da lunga parte della carriera, ed è un vero peccato che Storari, uno dei migliori portieri italiani espressi negli ultimi anni, non sia mai riuscito a trovare un posto stabile in una squadra di serie A nonostante spesso si parla della crisi dei portieri italiani, diventando così indubbiamente uno dei più sottovalutati giocatori del calcio italiano.
Che schifo!
Il calcio italiano ci ricasca, e così appena concluso il campionato di serie A ecco iniziare quello degli scandali, ormai un abitudine estiva italiana. Quest'anno a sporcare l'immagine sempre meno pulita dell'Italia calcistica e non, tocca al calcioscommesse. Uno scandalo che non lascerebbe presagire nulla di buono, non fosse altro per la portata di certi avvenimenti, per la mole di intercettazioni a disposizione e per i nomi coinvolti. Beppe Signori è già agli arresti domiciliari, indagati sono anche l'ex Bettarini e il capitano dell'Atalanta Cristiano Doni, coinvolte numerose squadre di serie B e Lega Pro e un elenco corposo di calciatori. Si parte da un'indagine di Cremona che vede coinvolto un tentativo di alterare le prestazione dei calciatori della Cremonese tramite ansiolitici nelle bibite. Di conseguenza una rete di scommesse e tentativi di corruzione che vedono coinvolti protagonisti del mondo del calcio, tra cui il già citato Signori. D'altronde le partite "pilotate" non sono più una novità, purtroppo, nei recenti finali di campionato in Italia, quante volte ci è capitato di vedere squadre già salve e senza obiettivi essere molto più accomodanti nei confronti degli avversari, atteggiamenti che ovviamente si sono ripercossi sul mondo delle scommese, con spesso la decisione di non consentire più scommesse su determinate gare. Parliamo di scommesse anche milionarie su gare che alcuni soggetti esterni tentavano di pilotare, con l'aiuto di giocatori che ne dovevano prendere parte. Al momento la situazione pare, e lo è sicuramente, appena all'inizio e la paura è che si vada incontro a sconvolgimenti anche a livello di classifica visto il coinvolgimento di Atalanta e Siena che dovrebbero, condizionale d'obbligo, approdare in serie A. L'unica certezza è che i play-off di B si giocheranno regolarmente, almeno questo è quello che trapela nonostante le richieste ad esempio del Piacenza di rinviare le gare in questione. Ma la decisione sembra essere quella di arrivare ad una decisione definitiva sui partecipanti dei rispettivi campionati entro una data non troppo lontana. Ci aspetta, al solito, un'estate colma di polemiche e veleni all'insegna dello schifo di certe persone che vogliono sporcare il calcio italiano.
Iscriviti a:
Post (Atom)