15 marzo 2012
L'esempio da seguire
Obiettivamente non si poteva chiedere di più al Napoli di Mazzari, al di sopra di ogni aspettativa nella prima apparizione della squadra in Champions League, uscita a testa altissima negli ottavi di finale contro un'avversaria di tutto rispetto come il Chelsea. Innanzitutto la grande impresa è maturata nella fase a gironi, a sorteggio avvenuto il girone A con Napoli, Bayern, Villarreal e City era a detta di tutti il più tosto e la squadra italiana sembrava la malcapitata di turno pronta a concludere all'ultimo posto la sua prima apparizione in questa competizione europea. Invece il Napoli ha dimostrato di essere squadra vera pronta a dare filo da torcere a qualsiasi avversario, approfittando del black-out di gioco e risultati incorso agli spagnoli di Giuseppe Rossi ha saputo avere la meglio sugli altri esordienti, ma di ben altra caratura, guidati da Mancini e assicurandosi la seconda piazza dietro al Bayern Monaco. Il Napoli ha stupito tutti con ottime prestazione e con un carattere non indifferente trasmessogli dal loro allenatore Mazzarri, forse il vero fenomeno della compagine napoletana, che è riuscito a dosare le forze, perdendo inizialmente punti in campionato, ma portando a compimento l'impresa presentando al momento giusto una squadra in ottima forma con Lavezzi e Cavani al meglio della loro esperienza italiana. Proprio il folletto argentino è stata l'arma in più del Napoli nell'ottavo di andata contro il Chelsea e l'arma in meno nel ritorno, dove è mancata la sua determinazione e la sua cattiveria nei contropiedi che fanno la fortuna del gioco del Napoli. Il raggiungimento degli ottavi di finale, come dicevamo, era già un grande traguardo e uscirne con fierezza come è successo è stato ancora più da esserne fieri per il Napoli e Napoli tutta. Sulla compagine inglese del Chelsea pesa il dubbio che la vecchia guardia e la squadra intera di conseguenza volesse "far fuori" il tecnico portoghese Villas-Boas forse mettendo anche a repentaglio il prosieguo della propria avventura europea. Ma ciò nulla toglie alla grande prova della partita d'andata espressa dal Napoli, che come tutte le grandi squadre che si rispettano può vantare del proprio stadio un catino quasi insormontabile che davvero in certe partite diventa il dodicesimo uomo che da quella spinta in più ai giocatori in campo. All'andata la squadra è stata trascinata da uno strepitoso Lavezzi e da una prestazione da dieci e lode della rosa intera, che ha subito un gol solamente per una distrazione difensiva. Ecco proprio la difesa, per quanto a volte ingiustamente attaccata, resta il punto più debole della squadra di Mazzarri e con tutto il rispetto per i diretti interessati il terzetto composto da Aronica-Cannavaro-Campagnaro non è particolarmente adatto ai livelli che impone la Champions League e questo si è visto benissimo nella doppia sfida con i Blues. Altra variabile da considerare è l'infortunio di Maggio nel corso del ritorno a Stamford Bridge, un giocatore vitale nell'economia della squadra e che avrebbe potuto far male in contropiede ad un Chelsea necessariamente votato all'attacco. Apporto che è venuto a mancare, insieme ad una giornata storta di Lavezzi e ad un Cavani non micidiale come al solito, e questo ha tolto al Napoli un po' tutte le sue armi migliori. L'uscita del Napoli rappresenta un dispiacere, non solo per ragioni nazionalistiche, poichè è stata realmente la squadra italiana migliore della stagione nella massima competizione europea poichè l'Inter è sempre stata l'ombra di se stessa e anche il Milan nonostante l'approdo ai quarti ha dimostrato i suoi evidenti limiti nella gara di ritorno contro l'Arsenal e nella doppia sfida nei gironi contro il Barcellona. Perciò sarebbe stato se non altro curioso vedere fino a dove potevano spingersi le ambizioni di questo Napoli battagliero, che si spera possa essere termine di paragone per le future compagini italiane che arrivano in Champions magari a sorpresa ma che una volta dentro decidono a tutti i costi di onorare l'impegno senza riserve. Questa è indubbiamente la strada da seguire per tornare ad essere competitivi in Europa, e il Napoli è al momento l'esempio da seguire per tutti.
L'ironico toscano
Una delle eredità lasciate da Mourinho in Italia è quella che ha colpito gli allenatori di serie A davanti alle telecamere, cioè la voglia di accaparrarsi un titolo tutto per loro pur non avendo neanche lontanamente le capacità dialettica e l'intelligenza del portoghese. Mentre Mourinho riusciva sempre e comunque a catalizzare l'attenzione su di lui e su quello che diceva, non risultando mai banale e poco preparato, questi improvvisati protagonisti sono spesso poco credibili e largamente ridicoli. Mi riferisco in particolare a Massimiliano Allegri, bravo allenatore questo non lo metto in dubbio, capace di dare una svolta alla sua carriera al Milan vincendo uno scudetto di cui gli va attribuita una buona parte grazie a scelte tattiche giuste al momento giusto. Quello che non convince di Allegri, appunto, è come sta giocando la sua partita davanti alle telecamere. Sovraesposto dalle polemiche delle ultime settimane tra Milan e Juventus ha deciso di impersonare il ruolo del superiore a diatribe così poco signorili, giocandosi la carta della simpatia. Peccato che però la simpatia non sia tale se viene puntualizzata dallo stesso ogni due parole, con il suo mantra "Sono toscano e uso l'ironia" che ci è ormai venuto alla noia perchè se uno è spiritoso ed ironico non lo è certo perchè lo ripete ogni 30 secondi. La sensazione è che Allegri stia svolgendo un ruolo non suo, non abituati ai riflettori mediatici della polemica che imperversano in tv, ha cercato di strafare dichiarandosi superiore, ironico e toscano (non ce lo dimentichiamo mi raccomando...) puntualizzando che lui, a differenza di altri, non parla di arbitri, salvo poi essere il primo a parlare dei torti subiti dal suo Milan. In occasione del gol di Muntari infatti l'allenatore rossonero si è trattenuto giustamente nella sera stessa, cercando di sembrare un simpaticone, sicuramente rinvigorito dalla grande prova della sua squadra. Dopodichè ha tirato fuori in continuazione il discorso Arbitri-Juve in ogni occasione possibile, arrivando anche a dire nella stessa intervista che lui non parla di torti ed errori arbitrali ma che il gol di Muntari potrebbe risultare decisivo poi ai fini della classifica, una chiara ed evidente contraddizione. Allegri è infatti il classico furbo che vuole passare per quello che non si lamenta, che è educato e quindi si sente superiore a chi va davanti ai microfoni delle tv a lamentarsi dei torti arbitrali, salvo poi farlo anche lui col sorriso sulle labbra e ricordando che se la mettiamo sull'ironia lui è bravo poichè toscano. Ma in realtà tutto ciò non fa che dimostrare il suo limite, ovvero non è adatto a fare il polemico o il superiore davanti alle telecamere, è sicuramente un buon allenatore negli spogliatoi ma dovrebbe limitarsi a questo ruolo poichè finchè è al Milan gode di una sorta di riverenza nelle interviste pubbliche e può permettersi tutto o quasi ma quando non avrà l'appoggio di una potenza come i rossoneri alle spalle, quello che crede il suo punto di forza diverrà il suo più grande limite.
13 marzo 2012
Eroe d'altri tempi
43 anni, la folta chioma di un tempo sostituita da un taglio più adeguato alla sua seconda vita calcistica, da dirigente, e il classico pizzetto a fare da ponte col passato non troppo lontano. Gabriel Batistuta non è cambiato moltissimo dalle sue ultime apparizioni sul terreno da gioco ma una cosa segna netta la differenza fra quello che era e quello che è ovvero la difficoltà a camminare di qualche anno fa e l'impossibilità di correre ancora attuale, come confessato al periodico francese France Football in una recentissima intervista. Batigol, centravanti indimenticato della nazionale argentina e in Italia della Fiorentina prima e della Roma poi, con una dimenticabile esperienza all'Inter, è l'emblema di quello che era il calcio italiano negli anni '90, ovvero il campionato più bello e più competitivo d'Europa. Un posto dove i campioni arrivavano e non, come oggi, da cui se possono scappano via. Batistuta dice di aver sempre dato tutto sul campo e che amava giocare tanto da ignorare infortuni e cercare di essere sempre presente per la sua squadra, i suoi tifosi e per appagare la sua voglia di calcio, tanto che al giorno d'oggi riesce a camminare ma non più a correre e quando smise di giocare gli riusciva difficile persino stare in piedi e fare quattro passi. Oggi si è creato una carriera da dirigente nel Colon in Argentina dove lavora con una vecchia conoscenza del calcio italiano come Sensini, ma dimostra ancora di credere nei valori che al giorno d'oggi si sono persi nel calcio ultra-milionario. Infatti dice che all'epoca rifiutò offerte provenienti dall'estero (Premier League soprattutto) perchè riteneva il campionato italiano il top e i giocatori avversari i più temuti al mondo, e non faceva per lui andare a vincere un campionato in maniera facile, meglio riportare lo scudetto a Roma dopo quasi 20 anni e farlo da protagonista lottando fino all'ultimo. Uno stile di vita ben lontano da quello attuale dei campioni di calcio, che segna il passo dei tempi, così come le polemiche di cui Batistuta non si professa assolutamente amante dicendo che sono la cosa che meno gli piacciono del calcio di oggi. Tutte parole condivisibili di un grande campione di un passato che sembra tanto lontano per le abissali differenze tra i valori di oggi e quelli di allora, una delle figure che hanno fatto grande il calcio italiano che però non ha saputo mantenere tale grandezza.
Il futuro del calcio
Michel Platini, presidente dell'UEFA, si è detto anche negli ultimi giorni favorevole all'utilizzo più diffuso dei due giudici di porta ma, come al solito, contrario all'ingresso di una qualsivoglia tecnologia nel mondo del calcio. Così dopo qualche apertura di quello che sembrava il più restio in merito, ovvero il numero uno della FIFA Joseph Blatter, è arrivata un secco no da parte del francese più influente del calcio europeo. A suo dire i giudici di porta hanno già risolto un sacco di problemi nelle gare e nelle competizioni dove sono ormai utilizzati diffusamente (coppe europee in primis). La sensazione è che questo discorso possa risultare valido finchè non succederà che anche con i giudici di porta accadrà un errore arbitrale, cosa possibilissima dato che sbagliare fa parte della natura umana e non si può pretendere infallibilità assoluta dai fischietti di tutto il mondo e dai loro assistenti, tanto più in un'era dove la tecnologia la fa da padrona e ci aiuta a vivere meglio ogni giorno in tutti gli ambienti. Ancora più curioso è che gli episodi incriminati dopo pochi secondi dall'accaduto vengano trasmessi in tv e sugli schermi degli stadi permettendo a tutti i tifosi di poter sapere meglio di arbitri, giocatori e allenatori cosa in realtà sia accaduto in campo. Io non credo che nel calcio ci sia malafede da parte degli arbitri verso l'una o l'altra squadra, in alcuni casi (come in Italia purtroppo) si tratta semplicemente di corpo arbitrale scarso, cosa comprensibile poichè come esistono i giocatori scarsi e tutt'altro che infallibile non vedo perchè non possano esserci arbitri di questa risma. Ecco dunque che in casi come questi potrebbe essere, anzi lo sarebbe sicuramente, utile un aiuto in più alla squadra degli arbitri, sia esso di natura tecnologica o come dice Platini di più uomini in campo, con giudici di porta e simili. La mia personale idea è sempre stata di tenere lontana la possibilità di una sorta di "moviola in campo" di biscardiana memoria poichè convinto avrebbe rallentato troppo la partita e lo svolgersi dello spettacolo calcistico, ma arrivati ad un punto simile con episodi al limite del grottesco come il gol non visto di Muntari alla Juventus credo sia inevitabile dare un aiuto agli arbitri. Come? Beh innanzitutto responsabilizzando di più il quarto uomo, che non può limitarsi a tenere a bada gli allenatori delle due squadre. Così come chi vede una partita da casa può sapere l'entità o meno di un fallo, la presenza o meno del fuorigioco e i casi di gol dubbi, il quarto uomo dovrebbe essere fornito di un monitor che dovrebbe tenere d'occhio per poter riferire all'arbitro la soluzione a casi dubbi. In questo modo non ci sarebbe una grande perdita di tempo poichè la comunicazione tramite auricolare tra i due arbitri sarebbe immediata e le squadre non avrebbero modo e tempo di reclamare più di quanto accada ora. Sarebbe indubbiamente una rottura con le tradizioni ma, con buona pace di Platini, in un mondo come quello che si è venuto a creare nell'ambiente calcistico dove girano soldi a cifre da capogiro non si può pretendere che tutto sia ancora nelle mani di una sola persona, l'arbitro, che come detto è umanamente possibile che possa sbagliare senza essere in malafede.
Non abbiamo bisogno di questo
Viviamo in tempi difficili, il calcio resta per molti un momento di svago e una passione da seguire senza troppi patemi d'animo oltre a quelli procurati dai risultati della propria squadra. Ma regolarmente a riempire gli schermi e le pagine dei giornali ci troviamo episodi riprovevoli con protagonisti gli idoli di mezzo mondo. Quello che mi sono chiesto e mi chiedo tuttora è se realmente abbiamo bisogno di tutto questo, soprattutto se ne hanno bisogno i diretti interessati. Per quanto è normale che i problemi li hanno tutti e che anche i ricchi possono piangere dato che la felicità non è data dai soldi è innegabile che i calciatori, che guadagnano in un anno quanto un operaio non guadagnerà in una vita, godano di uno status di privilegiati. E proprio per questo, e perchè sono seguiti da tutto il mondo fungendo da esempio per milioni di giovani dovrebbero imparare una cosa importantissima: l'educazione e il rispetto nei confronti degli altri. Non parlo di falli di gioco brutti o meno ma di quei gesti che vanno troppo oltre, l'ultimo caso è la lite di Ibrahimovic con una giornalista di Sky in un'intervista post-partita in cui lo svedese ha usato parole irrispettose verso una persona che stava facendo il suo lavoro, parole che persone ben educate ben si guarderebbero da usare in diretta tv. Per farvi un'idea ecco il video:
Detto di Ibrahimovic, tra l'altro non nuovo a uscite del genere, trovo ancora più terrificante la reazione del giornalista che lo sta intervistando che non trova nulla di meglio da fare che ridersela oppure di chi in studio se la ride e dice dello svedese che è uno molto diretto. Episodi come questi possono sembrare insignificanti ma fanno male all'immagine del calcio e soprattutto feriscono chi lo segue, perchè chi guarda una partita e gli piace seguire chi parla di calcio vorrebbe meno polemiche sterili di questo tipo e vorrebbe sentire parlare di più del calcio giocato. Bisogna avere rispetto dei principali fruitori di quello che dovrebbe essere uno sport ed un divertimento, ovvero i tifosi-spettatori, che non meritano di sentire volgarità e litigi come se fossero all'ordine del giorno nei salotti sportivi televisivi. Si è fatto un gran parlare del famoso codice etico di Cesare Prandelli in Nazionale e, in tempi come questi, ben vengano iniziative del genere o regolamenti come quello di Luis Enrique alla Roma che non fa differenze di stipendi o di importanza in campo. Bisogna capire che il primo obiettivo del calcio di oggi è di essere un'alternativa serena e felice alle difficoltà di tutti i giorni, perchè di episodi di violenza e maleducazione gratuita ne sopportiamo già abbastanza, anche in tv in altri frangenti, e non credo che qualcuno abbia una gran voglia di vedere anche il mondo calcistico saturo di queste cose.
Detto di Ibrahimovic, tra l'altro non nuovo a uscite del genere, trovo ancora più terrificante la reazione del giornalista che lo sta intervistando che non trova nulla di meglio da fare che ridersela oppure di chi in studio se la ride e dice dello svedese che è uno molto diretto. Episodi come questi possono sembrare insignificanti ma fanno male all'immagine del calcio e soprattutto feriscono chi lo segue, perchè chi guarda una partita e gli piace seguire chi parla di calcio vorrebbe meno polemiche sterili di questo tipo e vorrebbe sentire parlare di più del calcio giocato. Bisogna avere rispetto dei principali fruitori di quello che dovrebbe essere uno sport ed un divertimento, ovvero i tifosi-spettatori, che non meritano di sentire volgarità e litigi come se fossero all'ordine del giorno nei salotti sportivi televisivi. Si è fatto un gran parlare del famoso codice etico di Cesare Prandelli in Nazionale e, in tempi come questi, ben vengano iniziative del genere o regolamenti come quello di Luis Enrique alla Roma che non fa differenze di stipendi o di importanza in campo. Bisogna capire che il primo obiettivo del calcio di oggi è di essere un'alternativa serena e felice alle difficoltà di tutti i giorni, perchè di episodi di violenza e maleducazione gratuita ne sopportiamo già abbastanza, anche in tv in altri frangenti, e non credo che qualcuno abbia una gran voglia di vedere anche il mondo calcistico saturo di queste cose.
13 luglio 2011
Il sostituto di Sneijder
Come si era inteso già nelle ultime settimane, l'Inter è disposta a sacrificare un big sul mercato questa stagione dopo aver confermato in blocco il gruppo che portò al triplete lo scorso anno. Una scelta quella di trattenere soprattutto Milito e Maicon, per cui Mourinho avrebbe fatto fare follie a Florentino Perez, che in definitiva non ha pagato. L'argentino è calato vistosamente, forse definitivamente e per lui i tempi di monetizzare alla grande sembrano finiti, ora non vale nemmeno la metà di quanto sarebbe potuto valere una stagione fa e soprattutto nessuno lo cerca con insistenza, o perlomeno nessuno disposto a riconoscergli lo stipendio che percepisce all'Inter dato che Preziosi aveva in realtà lavorato per un ennesimo ritorno al Genoa ma ha poi cambiato strada una volta capito che il giocatore non si sarebbe abbassato l'ingaggio. Il terzino brasiliano è andato incontro anche lui ad una stagione di alti e bassi ma potrebbe comunque ancora interessare il suo ex allenatore Mourinho, sempre deciso ad acquistarlo anche se a cifre molto più basse rispetto a quelle che giravano lo scorso anno. In ogni caso l'Inter sembra voler monetizzare in questa sessione di mercato e nonostante le smentite il candidato principale sembra sia Wesley Sneijder, anche e soprattutto perchè Gasperini non vede il trequartista in qualsiasi modulo userà nella sua avventura interista, sia un 4-3-3 o il classico e azzardato 3-4-3. In realtà non è una pura questione di modulo, infatti l'olandese sarebbe dovuto partire a prescindere dall'allenatore scelto dalla società, quello che cambia è il nome del suo sostituto. Se non fosse arrivato Gasperini, che come abbiamo detto non gradisce il trequartista, l'Inter sarebbe calata con decisione su Pastore, magari sacrificando anche il neo-acquisto Alvarez. L'argentino del Palermo era la prima scelta di Moratti ma a questo punto se il patron nerazzurro ascolterà le parole del suo mister difficilmente andrà a sborsare tanti milioni per un giocatore non congeniale, anche se con l'Inter e con le lune del suo presidente non bisogna mai dire mai. Sneijder, forse già nella prossima settimana, firmerà con il Manchester United ed andrà a rinforzare i Red Devils di Alex Ferguson che lo seguono già da lungo tempo, nonostante le parole di facciata l'olandese, spinto anche dalla moglie, è più che mai deciso ad intraprendere l'avventura inglese e lascerà così l'Inter dopo due stagioni. Le cifre si aggirano sui 40 milioni di euro ma la soglia finale potrebbe fissarsi intorno ai 35, milione più milione meno, con un affare che farebbe felice tutti. Soldi che l'Inter andrà ad investire sull'indiretto sostituto di Sneijder, che potrebbe essere quel Palacio tanto gradito da Gasperini o un altra ala di livello, difficile arrivi Vucinic ma non impossibile così come nel fronte centrocampo resta aperta la pista-Vidal mentre la trattativa per Banega è ancora in stand-by.
12 luglio 2011
L'occasione persa della Juve
Come si era detto già qualche tempo fa su questo blog, l'approdo di Aguero alla Juventus era una cosa abbastanza impossibile, una trattativa difficile e con poche speranze di buona riuscita, tutto ciò per una serie di motivi che vi invitiamo ad andare a rivedervi. Tuttavia c'è stato un motivo in cui la squadra bianconera era in pole position per arrivare all'argentino, questo è stato qualche giorno prima dell'inizio della Copa America, in svolgimento in questi giorni proprio in Argentina. Infatti per una serie di coincidenze le altre pretendenti all'asso dell'Atletico Madrid si erano dileguate o distratte verso altre sirene, basti pensare al Chelsea che dopo l'ingaggio di Villas-Boas non si è più dimostrato così interessato al Kun, stesso discorso più o meno per il Real Madrid che sembra sempre più orientato verso l'acquisto del brasiliano Neymar, forse per concludere sul nascere una trattativa molto complicata con i cugini dell'Atletico. Anche il Manchester City sembrava leggermente distratto, con il problema di piazzare Tevez senza perderci troppi milioni e la richiesta incessante di Mancini di vendere qualcuno per sfoltire la rosa, principalmente proprio nella zona d'attacco. In questo frangente si sarebbe dovuta inserire con forza la Juventus, andando a trattare con l'Atletico per far scendere le richieste orientate sull'intera clausola rescissoria, che come ben sappiamo ammonta a 45 milioni di euro, approfittando del momento propizio dato dal momentaneo dileguarsi di altre pretendenti. Infatti si può benissimo dire che in quel preciso momento, durato qualche giorno, solamente la Juventus era realmente interessata al giocatore e pronta a trattare, tanto da spingere i dirigenti spagnoli ad un viaggio in Inghilterra per fare una sorta di pubblicità al giocatore, sperando di incassare più di quanto non avrebbe fatto dal club piemontese. La Juve invece ha tentennato e preso tempo, lasciando passare il momento decisivo e arrivando al debutto dell'argentino in Copa, un debutto con tanto di gol e buona prestazione, ribadita anche questa notte nel terzo turno con una doppietta. Prestazioni che hanno riacceso l'interesse delle pretendenti al Kun, infatti ora Aguero è irraggiungibile, principalmente per il ritorno arrembante del Manchester City, pronto a versare 40 milioni in contanti nelle casse dell'Atletico Madrid, cifra a cui la Juventus non si è mai nemmeno avvicinata. E con la possibilità di giocare la Champions e percepire un ingaggio maggiore sarebbe felice anche il giocatore oltre che la società che si vedrebbe riconosciuta quasi l'intera clausola di rescissione. Ma perchè quest'occasione persa in casa Juve? Innanzitutto Marotta e i suoi sono alla ricerca del famigerato top player, che quasi sicuramente ormai arriverà nel mese di Agosto, ma non per questo vuol dire che siano disposti a bruciare gran parte del budget a disposizione per un giocatore solo, infatti alla Juve servono un difensore, un centrocampista centrale e un ala sinistra, troppi ruoli da coprire per pensare di spendere 40-45 milioni per un giocatore solo, seppur di caratura internazionale e di sicuro avvenire come Aguero. Molto più probabile quindi che si arrivi a Giuseppe Rossi, anche lui giovane ma per di più italiano, cosa sempre gradita all'attuale dirigenza bianconera, ma soprattutto molto più economico (si chiude a meno di 30 milioni) e con la possibilità di non sacrificare altri ruoli in campo.
11 luglio 2011
Il giocatore della gente
Arruffianarsi i nuovi tifosi non è certo un reato, anzi è ormai una consuetudine tutta speciale del campionato italiano, ultimo in ordine di tempo lo svizzero Gokhan Inler, che si è definito il giocatore della gente e ha snocciolato una lunga serie di messaggi d'amore nei confronti del Napoli e dei tifosi che viene da chiedersi chi gli abbia scritto un discorso così pieno di amore. Non ci sarebbe, come detto, nulla di male se non fosse che proprio il centrocampista ex Udinese ha a lungo cercato di boicottare, assieme al suo agente, il passaggio al Napoli, preferendo negli ultimi tempi la soluzione-Juve che gli garantiva inoltre molti più soldi. Alla fine la decisione di Antonio Conte di non puntare sullo svizzero richiedendo un centrocampista con caratteristiche più consone a giocare in coppia con Pirlo ha spento ogni sua velleità di cambiare destinazione. A questo punto c'era solo la soluzione napoletana, e soprattutto un rapporto da ricostruire coi tifosi ancora prima di cominciarlo, ma siccome in linea di massima i tifosi del Napoli si accontentano di poco ecco che basta una presentazione molto scenografica, le solite parole al miele nei confronti di Napoli, napoletani, squadra, presidente e staff (ci mancava si ingraziasse anche magazzinieri e portaborracce) per far ammaliare tutti. In più la solita storia che il Napoli abbia ottenuto qualcosa andando contro tutto e tutti, per quel senso di vittimismo che il presidente De Laurentiis sembra godere nel trasmettere all'ambiente, ignorando il fatto che in realtà per Inler c'era forte solo l'interesse del Napoli, la Juventus stessa infatti lo ha seguito per un breve periodo di tempo, con nemmeno troppa convinzione, tanto che solo agente e giocatore hanno cercato di mantenere viva quell'ipotesi per poter battere cassa ad una cifra più alta rispetto a quella che percepiranno a Napoli. A proposito di cifre, lo svizzero passa dall'Udinese al Napoli per 16 milioni di euro, una cifra importante che forse Inler non vale, anche se nel mercato odierno ogni valutazione è pompata verso l'alto, di fatto rimane che è un elemento di sicura affidabilità, che può fare la differenza in realtà come Udine e Napoli ma che di certo avrebbe pagato dazio nell'arrivo ad una realtà superiore. A differenza dei recenti acquisti del Napoli è un giocatore comunque già affermato e che sa già come muoversi nel calcio italiano, un po' come l'acquisto di Cavani lo scorso anno, inevitabile che saprà essere più decisivo di tanti sudamericani sbarcati a Napoli e poi ripartiti poco dopo. L'unica cosa strana rimane la necessità di Inler di dichiarare un amore grandissimo verso i colori del Napoli, quando l'unico ostacolo nella conclusione dell'affare era stato lui.
9 luglio 2011
La vita tranquilla del mister
Sarà pur vero, ed è in effetti comprovato, che in caso di crisi di una squadra il primo a pagare sia l'allenatore, molte volte vittima designata dell'ira presidenziale che sfocia in un inevitabile esonero. Un luogo comune vecchio come il calcio e che negli ultimi anni si è verificato davvero tante volte, forse troppe in alcune società, principalmente in quelle italiane. D'altronde siamo o non siamo una nazione in cui tutti ci sentiamo allenatori e siamo pronti a mettere in dubbio le scelte del mister di turno, a volte con idee fondate altre semplicemente per lamentarsi dello scarso rendimento della propria squadra, perchè dovrebbero fare eccezione i presidenti delle squadre stesse? A volte con il duplice ruolo di imprenditore e tifoso, un presidente viene sempre spinto ad una scelta di cuore, anche andando contro l'interesse economico della sua società. Perchè infatti l'esonero non è un licenziamento ma più correttamente è un sollevare dalla responsabilità l'allenatore, che però regolarmente continuerà a perseguire il suo stipendio fino alla fine del contratto. Praticamente pagato per non fare nulla, e alcune volte richiamato per non dover mettere a registro un nuovo stipendio e trovarsi così la soluzione in casa, che è poi la soluzione vecchia. Sarà pur vero che se una squadra va male non tutte le colpe devono essere incanalate verso una persona sola ma è anche ingiusto che se un allenatore ha dei demeriti tali che lo portano a far interrompere il rapporto da parte della società non dovrebbe rimanere a libro paga. E così si è diffusa la figura di una specie di allenatore-parassita che non soddisfatto delle opportunità di lavoro preferisce anche concedersi un anno sabbatico, regolarmente stipendiato dalla sua ex società. E' il caso molto recente di Luigi Delneri che dopo la fallimentare esperienza juventina conclusa con un settimo posto è stato ovviamente esonerato, altrettanto ovvio che i problemi in casa bianconera non fossero ristretti solamente al tecnico ma è evidente che qualche colpa la avesse anche lui. E quindi perchè, una volta vistosi preclusa qualche altra avventura che lo attraesse, ora deve comunque essere regolarmente stipendiato dal club precedente? Sarebbe molto più consono attribuire al mister esonerato una sorta di buonauscita e recidere definitivamente il rapporto, dato che in casi come quello citato tra Delneri e la Juve difficilmente le due parti potrebbero tornare a lavorare insieme. Ultimamente si sono però verificati anche dei casi positivi e controcorrente, come ad esempio la rescissione consensuale di Leonardo, prima col Milan e poi, recentemente, con l'Inter forte anche di un incarico in vista al PSG, oppure l'episodio Roma-Spalletti di due anni fa con il tecnico di Certaldo pronto a rinunciare ai due anni di stipendio rimanenti per non gravare troppo sulle disastrate finanze della società capitolina. Insomma non tutti sono pronti a rimanere disoccupati ma con un regolare stipendio retribuito, forti del contratto che li lega ancora a società per cui non lavorano più, una sorta di cuscinetto in caso di fallimento, a cui nessuno probabilmente vorrebbe arrivare ma che in caso, quasi tutti, non disdegnano l'opzione.
25 giugno 2011
Scelta tattica? No grazie
Gian Piero Gasperini è il nuovo allenatore dell'Inter, è il trionfo della classe di allenatori legati ad un solo e unico modulo, caratteristica che molto spesso ne fa un limite più che una forza, degli allenatori alla "o si gioca così o niente", la classe dei Delneri, Mazzarri, Zaccheroni e, appunto, Gasperini. Il cui modulo con la difesa a tre non sembra sembrare un problema in casa nerazzurra, se mai abbiano preso in considerazione il lato tattico nella scelta del nuovo allenatore. Perchè è questo il grandissimo limiti di questi allenatori, Delneri che è affondato alla Juve con il suo 4-4-2 scolpito nel cemento ne è l'esempio più recente, Mazzarri e Gasperini in Champions rispettivamente con Napoli e Inter e la difesa a tre ne saranno la conferma. In Europa non si va avanti con una difesa ed un modulo concepito a questo modo, lo dimostrano i fatti e lo dimostrano le squadre vincenti delle ultime stagioni, non una presenta la difesa a tre. Un modulo che presenta una difesa schierata in quel modo, sia esso nella variante di Mazzarri con un centrocampo a cinque, o in quella targata Gasperini con un tridente offensivo, è troppo rischioso e poco adatto al grande calcio. Proprio per questo motivo Mazzarri è ancora a Napoli anzichè essere volato verso altri lidi come avrebbe desiderato, un grosso limite caratterizzato da questa fissazione con un modulo ormai antico e in disuso, peraltro poco adattabile ad una squadra di alto livello. La scelta di Gasperini è l'ulteriore dimostrazione di quanto poco si pensi al lato calcistico delle cose in casa Inter, nulla da obiettare sulle qualità dell'ex tecnico del Genoa ma se lo vai ad ingaggiare sai già come ti farà giocare la squadra e devi capire se quel modo si adatti o meno alle esigenze della stessa. Cosa che nè Moratti nè Branca sembrano aver preso in considerazione, dopo aver ricevuto numerosi no da svariati tecnici italiani ed esteri, hanno deciso di virare su Gasperini, preferendolo anche ad un più consono Delio Rossi che avrebbe meritato al pari del tecnico piemontese il salto in una big. L'errore che pagano di continuo i vertici interisti, la scelta di uomini senza usare un criterio ma seguendo il richiamo del cuore, da qui anche la decisione di Moratti di puntare ancora forte sulla vecchia guardia ormai agli sgoccioli e improntato ad un evidentemente serio ridimensionamento in vista del fair play finanziario, fino a che non deciderà in ogni caso di spendere milioni su milioni se la squadra a metà stagione sarà in difficoltà. La notizia buona è che dopo l'epica era Mourinho e quella dimenticabile Benitez-Leonardo, l'Inter torna ad un tecnico italiano, con Gasperini che potrà dimostrare di valere una grande squadra dopo aver lavorato benissimo a livello giovanile nella Juventus e ancora meglio alla guida del Genoa, rivelazione vera e propria delle ultime stagioni, prima in B e poi in serie A. Starà a lui scegliere se puntare su un modulo non da alti livelli o fare il passo successivo e adattarsi al grande calcio scegliendo uno schieramento più consono agli uomini a disposizione, dimostrando una crescita calcistica e tattica non indifferente. Il livello del campionato italiano è peraltro talmente basso che già al momento l'Inter può benissimo puntare allo scudetto e all'obiettivo minimo del secondo posto, discorso diverso sarà in Europa dove l'Italia la prossima stagione rischia di soffrire ancora di più il gap accumulato verso i club inglese ed europei in generale, a partire proprio da quel modulo poco convincente e da una rosa che sembra poco adatta a metterlo in pratica.
Iscriviti a:
Post (Atom)