9 luglio 2011

La vita tranquilla del mister

Sarà pur vero, ed è in effetti comprovato, che in caso di crisi di una squadra il primo a pagare sia l'allenatore, molte volte vittima designata dell'ira presidenziale che sfocia in un inevitabile esonero. Un luogo comune vecchio come il calcio e che negli ultimi anni si è verificato davvero tante volte, forse troppe in alcune società, principalmente in quelle italiane. D'altronde siamo o non siamo una nazione in cui tutti ci sentiamo allenatori e siamo pronti a mettere in dubbio le scelte del mister di turno, a volte con idee fondate altre semplicemente per lamentarsi dello scarso rendimento della propria squadra, perchè dovrebbero fare eccezione i presidenti delle squadre stesse? A volte con il duplice ruolo di imprenditore e tifoso, un presidente viene sempre spinto ad una scelta di cuore, anche andando contro l'interesse economico della sua società. Perchè infatti l'esonero non è un licenziamento ma più correttamente è un sollevare dalla responsabilità l'allenatore, che però regolarmente continuerà a perseguire il suo stipendio fino alla fine del contratto. Praticamente pagato per non fare nulla, e alcune volte richiamato per non dover mettere a registro un nuovo stipendio e trovarsi così la soluzione in casa, che è poi la soluzione vecchia. Sarà pur vero che se una squadra va male non tutte le colpe devono essere incanalate verso una persona sola ma è anche ingiusto che se un allenatore ha dei demeriti tali che lo portano a far interrompere il rapporto da parte della società non dovrebbe rimanere a libro paga. E così si è diffusa la figura di una specie di allenatore-parassita che non soddisfatto delle opportunità di lavoro preferisce anche concedersi un anno sabbatico, regolarmente stipendiato dalla sua ex società. E' il caso molto recente di Luigi Delneri che dopo la fallimentare esperienza juventina conclusa con un settimo posto è stato ovviamente esonerato, altrettanto ovvio che i problemi in casa bianconera non fossero ristretti solamente al tecnico ma è evidente che qualche colpa la avesse anche lui. E quindi perchè, una volta vistosi preclusa qualche altra avventura che lo attraesse, ora deve comunque essere regolarmente stipendiato dal club precedente? Sarebbe molto più consono attribuire al mister esonerato una sorta di buonauscita e recidere definitivamente il rapporto, dato che in casi come quello citato tra Delneri e la Juve difficilmente le due parti potrebbero tornare a lavorare insieme. Ultimamente si sono però verificati anche dei casi positivi e controcorrente, come ad esempio la rescissione consensuale di Leonardo, prima col Milan e poi, recentemente, con l'Inter forte anche di un incarico in vista al PSG, oppure l'episodio Roma-Spalletti di due anni fa con il tecnico di Certaldo pronto a rinunciare ai due anni di stipendio rimanenti per non gravare troppo sulle disastrate finanze della società capitolina. Insomma non tutti sono pronti a rimanere disoccupati ma con un regolare stipendio retribuito, forti del contratto che li lega ancora a società per cui non lavorano più, una sorta di cuscinetto in caso di fallimento, a cui nessuno probabilmente vorrebbe arrivare ma che in caso, quasi tutti, non disdegnano l'opzione.

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