15 marzo 2012
L'esempio da seguire
Obiettivamente non si poteva chiedere di più al Napoli di Mazzari, al di sopra di ogni aspettativa nella prima apparizione della squadra in Champions League, uscita a testa altissima negli ottavi di finale contro un'avversaria di tutto rispetto come il Chelsea. Innanzitutto la grande impresa è maturata nella fase a gironi, a sorteggio avvenuto il girone A con Napoli, Bayern, Villarreal e City era a detta di tutti il più tosto e la squadra italiana sembrava la malcapitata di turno pronta a concludere all'ultimo posto la sua prima apparizione in questa competizione europea. Invece il Napoli ha dimostrato di essere squadra vera pronta a dare filo da torcere a qualsiasi avversario, approfittando del black-out di gioco e risultati incorso agli spagnoli di Giuseppe Rossi ha saputo avere la meglio sugli altri esordienti, ma di ben altra caratura, guidati da Mancini e assicurandosi la seconda piazza dietro al Bayern Monaco. Il Napoli ha stupito tutti con ottime prestazione e con un carattere non indifferente trasmessogli dal loro allenatore Mazzarri, forse il vero fenomeno della compagine napoletana, che è riuscito a dosare le forze, perdendo inizialmente punti in campionato, ma portando a compimento l'impresa presentando al momento giusto una squadra in ottima forma con Lavezzi e Cavani al meglio della loro esperienza italiana. Proprio il folletto argentino è stata l'arma in più del Napoli nell'ottavo di andata contro il Chelsea e l'arma in meno nel ritorno, dove è mancata la sua determinazione e la sua cattiveria nei contropiedi che fanno la fortuna del gioco del Napoli. Il raggiungimento degli ottavi di finale, come dicevamo, era già un grande traguardo e uscirne con fierezza come è successo è stato ancora più da esserne fieri per il Napoli e Napoli tutta. Sulla compagine inglese del Chelsea pesa il dubbio che la vecchia guardia e la squadra intera di conseguenza volesse "far fuori" il tecnico portoghese Villas-Boas forse mettendo anche a repentaglio il prosieguo della propria avventura europea. Ma ciò nulla toglie alla grande prova della partita d'andata espressa dal Napoli, che come tutte le grandi squadre che si rispettano può vantare del proprio stadio un catino quasi insormontabile che davvero in certe partite diventa il dodicesimo uomo che da quella spinta in più ai giocatori in campo. All'andata la squadra è stata trascinata da uno strepitoso Lavezzi e da una prestazione da dieci e lode della rosa intera, che ha subito un gol solamente per una distrazione difensiva. Ecco proprio la difesa, per quanto a volte ingiustamente attaccata, resta il punto più debole della squadra di Mazzarri e con tutto il rispetto per i diretti interessati il terzetto composto da Aronica-Cannavaro-Campagnaro non è particolarmente adatto ai livelli che impone la Champions League e questo si è visto benissimo nella doppia sfida con i Blues. Altra variabile da considerare è l'infortunio di Maggio nel corso del ritorno a Stamford Bridge, un giocatore vitale nell'economia della squadra e che avrebbe potuto far male in contropiede ad un Chelsea necessariamente votato all'attacco. Apporto che è venuto a mancare, insieme ad una giornata storta di Lavezzi e ad un Cavani non micidiale come al solito, e questo ha tolto al Napoli un po' tutte le sue armi migliori. L'uscita del Napoli rappresenta un dispiacere, non solo per ragioni nazionalistiche, poichè è stata realmente la squadra italiana migliore della stagione nella massima competizione europea poichè l'Inter è sempre stata l'ombra di se stessa e anche il Milan nonostante l'approdo ai quarti ha dimostrato i suoi evidenti limiti nella gara di ritorno contro l'Arsenal e nella doppia sfida nei gironi contro il Barcellona. Perciò sarebbe stato se non altro curioso vedere fino a dove potevano spingersi le ambizioni di questo Napoli battagliero, che si spera possa essere termine di paragone per le future compagini italiane che arrivano in Champions magari a sorpresa ma che una volta dentro decidono a tutti i costi di onorare l'impegno senza riserve. Questa è indubbiamente la strada da seguire per tornare ad essere competitivi in Europa, e il Napoli è al momento l'esempio da seguire per tutti.
L'ironico toscano
Una delle eredità lasciate da Mourinho in Italia è quella che ha colpito gli allenatori di serie A davanti alle telecamere, cioè la voglia di accaparrarsi un titolo tutto per loro pur non avendo neanche lontanamente le capacità dialettica e l'intelligenza del portoghese. Mentre Mourinho riusciva sempre e comunque a catalizzare l'attenzione su di lui e su quello che diceva, non risultando mai banale e poco preparato, questi improvvisati protagonisti sono spesso poco credibili e largamente ridicoli. Mi riferisco in particolare a Massimiliano Allegri, bravo allenatore questo non lo metto in dubbio, capace di dare una svolta alla sua carriera al Milan vincendo uno scudetto di cui gli va attribuita una buona parte grazie a scelte tattiche giuste al momento giusto. Quello che non convince di Allegri, appunto, è come sta giocando la sua partita davanti alle telecamere. Sovraesposto dalle polemiche delle ultime settimane tra Milan e Juventus ha deciso di impersonare il ruolo del superiore a diatribe così poco signorili, giocandosi la carta della simpatia. Peccato che però la simpatia non sia tale se viene puntualizzata dallo stesso ogni due parole, con il suo mantra "Sono toscano e uso l'ironia" che ci è ormai venuto alla noia perchè se uno è spiritoso ed ironico non lo è certo perchè lo ripete ogni 30 secondi. La sensazione è che Allegri stia svolgendo un ruolo non suo, non abituati ai riflettori mediatici della polemica che imperversano in tv, ha cercato di strafare dichiarandosi superiore, ironico e toscano (non ce lo dimentichiamo mi raccomando...) puntualizzando che lui, a differenza di altri, non parla di arbitri, salvo poi essere il primo a parlare dei torti subiti dal suo Milan. In occasione del gol di Muntari infatti l'allenatore rossonero si è trattenuto giustamente nella sera stessa, cercando di sembrare un simpaticone, sicuramente rinvigorito dalla grande prova della sua squadra. Dopodichè ha tirato fuori in continuazione il discorso Arbitri-Juve in ogni occasione possibile, arrivando anche a dire nella stessa intervista che lui non parla di torti ed errori arbitrali ma che il gol di Muntari potrebbe risultare decisivo poi ai fini della classifica, una chiara ed evidente contraddizione. Allegri è infatti il classico furbo che vuole passare per quello che non si lamenta, che è educato e quindi si sente superiore a chi va davanti ai microfoni delle tv a lamentarsi dei torti arbitrali, salvo poi farlo anche lui col sorriso sulle labbra e ricordando che se la mettiamo sull'ironia lui è bravo poichè toscano. Ma in realtà tutto ciò non fa che dimostrare il suo limite, ovvero non è adatto a fare il polemico o il superiore davanti alle telecamere, è sicuramente un buon allenatore negli spogliatoi ma dovrebbe limitarsi a questo ruolo poichè finchè è al Milan gode di una sorta di riverenza nelle interviste pubbliche e può permettersi tutto o quasi ma quando non avrà l'appoggio di una potenza come i rossoneri alle spalle, quello che crede il suo punto di forza diverrà il suo più grande limite.
13 marzo 2012
Eroe d'altri tempi
43 anni, la folta chioma di un tempo sostituita da un taglio più adeguato alla sua seconda vita calcistica, da dirigente, e il classico pizzetto a fare da ponte col passato non troppo lontano. Gabriel Batistuta non è cambiato moltissimo dalle sue ultime apparizioni sul terreno da gioco ma una cosa segna netta la differenza fra quello che era e quello che è ovvero la difficoltà a camminare di qualche anno fa e l'impossibilità di correre ancora attuale, come confessato al periodico francese France Football in una recentissima intervista. Batigol, centravanti indimenticato della nazionale argentina e in Italia della Fiorentina prima e della Roma poi, con una dimenticabile esperienza all'Inter, è l'emblema di quello che era il calcio italiano negli anni '90, ovvero il campionato più bello e più competitivo d'Europa. Un posto dove i campioni arrivavano e non, come oggi, da cui se possono scappano via. Batistuta dice di aver sempre dato tutto sul campo e che amava giocare tanto da ignorare infortuni e cercare di essere sempre presente per la sua squadra, i suoi tifosi e per appagare la sua voglia di calcio, tanto che al giorno d'oggi riesce a camminare ma non più a correre e quando smise di giocare gli riusciva difficile persino stare in piedi e fare quattro passi. Oggi si è creato una carriera da dirigente nel Colon in Argentina dove lavora con una vecchia conoscenza del calcio italiano come Sensini, ma dimostra ancora di credere nei valori che al giorno d'oggi si sono persi nel calcio ultra-milionario. Infatti dice che all'epoca rifiutò offerte provenienti dall'estero (Premier League soprattutto) perchè riteneva il campionato italiano il top e i giocatori avversari i più temuti al mondo, e non faceva per lui andare a vincere un campionato in maniera facile, meglio riportare lo scudetto a Roma dopo quasi 20 anni e farlo da protagonista lottando fino all'ultimo. Uno stile di vita ben lontano da quello attuale dei campioni di calcio, che segna il passo dei tempi, così come le polemiche di cui Batistuta non si professa assolutamente amante dicendo che sono la cosa che meno gli piacciono del calcio di oggi. Tutte parole condivisibili di un grande campione di un passato che sembra tanto lontano per le abissali differenze tra i valori di oggi e quelli di allora, una delle figure che hanno fatto grande il calcio italiano che però non ha saputo mantenere tale grandezza.
Il futuro del calcio
Michel Platini, presidente dell'UEFA, si è detto anche negli ultimi giorni favorevole all'utilizzo più diffuso dei due giudici di porta ma, come al solito, contrario all'ingresso di una qualsivoglia tecnologia nel mondo del calcio. Così dopo qualche apertura di quello che sembrava il più restio in merito, ovvero il numero uno della FIFA Joseph Blatter, è arrivata un secco no da parte del francese più influente del calcio europeo. A suo dire i giudici di porta hanno già risolto un sacco di problemi nelle gare e nelle competizioni dove sono ormai utilizzati diffusamente (coppe europee in primis). La sensazione è che questo discorso possa risultare valido finchè non succederà che anche con i giudici di porta accadrà un errore arbitrale, cosa possibilissima dato che sbagliare fa parte della natura umana e non si può pretendere infallibilità assoluta dai fischietti di tutto il mondo e dai loro assistenti, tanto più in un'era dove la tecnologia la fa da padrona e ci aiuta a vivere meglio ogni giorno in tutti gli ambienti. Ancora più curioso è che gli episodi incriminati dopo pochi secondi dall'accaduto vengano trasmessi in tv e sugli schermi degli stadi permettendo a tutti i tifosi di poter sapere meglio di arbitri, giocatori e allenatori cosa in realtà sia accaduto in campo. Io non credo che nel calcio ci sia malafede da parte degli arbitri verso l'una o l'altra squadra, in alcuni casi (come in Italia purtroppo) si tratta semplicemente di corpo arbitrale scarso, cosa comprensibile poichè come esistono i giocatori scarsi e tutt'altro che infallibile non vedo perchè non possano esserci arbitri di questa risma. Ecco dunque che in casi come questi potrebbe essere, anzi lo sarebbe sicuramente, utile un aiuto in più alla squadra degli arbitri, sia esso di natura tecnologica o come dice Platini di più uomini in campo, con giudici di porta e simili. La mia personale idea è sempre stata di tenere lontana la possibilità di una sorta di "moviola in campo" di biscardiana memoria poichè convinto avrebbe rallentato troppo la partita e lo svolgersi dello spettacolo calcistico, ma arrivati ad un punto simile con episodi al limite del grottesco come il gol non visto di Muntari alla Juventus credo sia inevitabile dare un aiuto agli arbitri. Come? Beh innanzitutto responsabilizzando di più il quarto uomo, che non può limitarsi a tenere a bada gli allenatori delle due squadre. Così come chi vede una partita da casa può sapere l'entità o meno di un fallo, la presenza o meno del fuorigioco e i casi di gol dubbi, il quarto uomo dovrebbe essere fornito di un monitor che dovrebbe tenere d'occhio per poter riferire all'arbitro la soluzione a casi dubbi. In questo modo non ci sarebbe una grande perdita di tempo poichè la comunicazione tramite auricolare tra i due arbitri sarebbe immediata e le squadre non avrebbero modo e tempo di reclamare più di quanto accada ora. Sarebbe indubbiamente una rottura con le tradizioni ma, con buona pace di Platini, in un mondo come quello che si è venuto a creare nell'ambiente calcistico dove girano soldi a cifre da capogiro non si può pretendere che tutto sia ancora nelle mani di una sola persona, l'arbitro, che come detto è umanamente possibile che possa sbagliare senza essere in malafede.
Non abbiamo bisogno di questo
Viviamo in tempi difficili, il calcio resta per molti un momento di svago e una passione da seguire senza troppi patemi d'animo oltre a quelli procurati dai risultati della propria squadra. Ma regolarmente a riempire gli schermi e le pagine dei giornali ci troviamo episodi riprovevoli con protagonisti gli idoli di mezzo mondo. Quello che mi sono chiesto e mi chiedo tuttora è se realmente abbiamo bisogno di tutto questo, soprattutto se ne hanno bisogno i diretti interessati. Per quanto è normale che i problemi li hanno tutti e che anche i ricchi possono piangere dato che la felicità non è data dai soldi è innegabile che i calciatori, che guadagnano in un anno quanto un operaio non guadagnerà in una vita, godano di uno status di privilegiati. E proprio per questo, e perchè sono seguiti da tutto il mondo fungendo da esempio per milioni di giovani dovrebbero imparare una cosa importantissima: l'educazione e il rispetto nei confronti degli altri. Non parlo di falli di gioco brutti o meno ma di quei gesti che vanno troppo oltre, l'ultimo caso è la lite di Ibrahimovic con una giornalista di Sky in un'intervista post-partita in cui lo svedese ha usato parole irrispettose verso una persona che stava facendo il suo lavoro, parole che persone ben educate ben si guarderebbero da usare in diretta tv. Per farvi un'idea ecco il video:
Detto di Ibrahimovic, tra l'altro non nuovo a uscite del genere, trovo ancora più terrificante la reazione del giornalista che lo sta intervistando che non trova nulla di meglio da fare che ridersela oppure di chi in studio se la ride e dice dello svedese che è uno molto diretto. Episodi come questi possono sembrare insignificanti ma fanno male all'immagine del calcio e soprattutto feriscono chi lo segue, perchè chi guarda una partita e gli piace seguire chi parla di calcio vorrebbe meno polemiche sterili di questo tipo e vorrebbe sentire parlare di più del calcio giocato. Bisogna avere rispetto dei principali fruitori di quello che dovrebbe essere uno sport ed un divertimento, ovvero i tifosi-spettatori, che non meritano di sentire volgarità e litigi come se fossero all'ordine del giorno nei salotti sportivi televisivi. Si è fatto un gran parlare del famoso codice etico di Cesare Prandelli in Nazionale e, in tempi come questi, ben vengano iniziative del genere o regolamenti come quello di Luis Enrique alla Roma che non fa differenze di stipendi o di importanza in campo. Bisogna capire che il primo obiettivo del calcio di oggi è di essere un'alternativa serena e felice alle difficoltà di tutti i giorni, perchè di episodi di violenza e maleducazione gratuita ne sopportiamo già abbastanza, anche in tv in altri frangenti, e non credo che qualcuno abbia una gran voglia di vedere anche il mondo calcistico saturo di queste cose.
Detto di Ibrahimovic, tra l'altro non nuovo a uscite del genere, trovo ancora più terrificante la reazione del giornalista che lo sta intervistando che non trova nulla di meglio da fare che ridersela oppure di chi in studio se la ride e dice dello svedese che è uno molto diretto. Episodi come questi possono sembrare insignificanti ma fanno male all'immagine del calcio e soprattutto feriscono chi lo segue, perchè chi guarda una partita e gli piace seguire chi parla di calcio vorrebbe meno polemiche sterili di questo tipo e vorrebbe sentire parlare di più del calcio giocato. Bisogna avere rispetto dei principali fruitori di quello che dovrebbe essere uno sport ed un divertimento, ovvero i tifosi-spettatori, che non meritano di sentire volgarità e litigi come se fossero all'ordine del giorno nei salotti sportivi televisivi. Si è fatto un gran parlare del famoso codice etico di Cesare Prandelli in Nazionale e, in tempi come questi, ben vengano iniziative del genere o regolamenti come quello di Luis Enrique alla Roma che non fa differenze di stipendi o di importanza in campo. Bisogna capire che il primo obiettivo del calcio di oggi è di essere un'alternativa serena e felice alle difficoltà di tutti i giorni, perchè di episodi di violenza e maleducazione gratuita ne sopportiamo già abbastanza, anche in tv in altri frangenti, e non credo che qualcuno abbia una gran voglia di vedere anche il mondo calcistico saturo di queste cose.
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